HAIKU OCCIDENTALI inediti di Luigi Celi con un Commento di Giorgio Linguaglossa

 

Luigi Celi è nato in Sicilia, in provincia di Messina, ha insegnato per trent’anni nelle scuole superiori di Roma. Esordisce con un romanzo in prosa poetica L’Uno e il suo doppio, e un breve saggio filosofico/letterario, La Poetica Notte, per le edizioni Bulzoni (Roma, 1997). Pubblica diversi libri di poesia: Il Centro della Rosa, Scettro del Re, Roma, 2000; I versi dell’Azzurro Scavato Campanotto, Udine, 2003; Il Doppio Sguardo Lepisma, Roma, 2007; Haiku a Passi di Danza (Universitalia, 2007, Roma); Poetic Dialogue with T. S. Eliot's Four Quartetscon traduzione inglese di Anamaria Crowe Serrano (Gradiva Publications, Stony Brook, New York, 2012). Quest’ultimo testo, già tradotto in francese da Philippe Demeron, è in pubblicazione a Parigi. Per la sua opera poetica ha avuto riconoscimenti, premi e menzioni.

Sue poesie edite e inedite e suoi testi di critica si trovano su Poiesis, Polimnia, Studium, Gradiva, Hebenon, Capoverso, I Fiori del Male, Pagine di Zone, Regione oggi, Le reti di Dedalus ( rivista on line).

Ha in pubblicazione nel mese di febbraio 2014 un saggio filosofico-letterario su Kikuo Takano per l’Istituto Bibliografico Italiano di Musicologia.  

Presente in numerose antologie, tra gli studi critici a lui dedicati ricordiamo: Cesare Milanese su Il Centro della Rosa, nel 2000; Sandro Montalto, su Hebenon, nel 2000; Giorgio Linguaglossa, su Appunti Critici, La poesia italiana del Tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte Scettro del Re, 2002; La nuova poesia modernista italiana Edilet, 2010; Dante Maffia in Poeti italiani verso il nuovo millennio, Scettro del Re, 2002; Donato Di Stasi su Il Doppio Sguardo, nel 2007; Plinio Perilli, per Poetic Dialogue. Hanno scritto di lui tra gli altri: Domenico Alvino, Lea Canducci, Antonio Coppola, Philippe Démeron, Luigi Fontanella, Piera Mattei, Roberto Pagan, Gino Rago, Arnaldo Zambardi. 

Con Giulia Perroni ha creato il Circolo Culturale Aleph, in Trastevere, dove svolge attività di organizzatore e di relatore dal 2000 in incontri letterari, dibattiti, conferenze, mostre di pittura, esposizioni fotografiche, attività teatrali. Ha organizzato incontri culturali al Campidoglio, un Convegno su Moravia, e alla Biblioteca Vallicelliana di Roma.

Commento di Giorgio Linguaglossa

È nota la problematica tra il pieno ed il vuoto trattata da Lacan, il quale fu influenzato dalla teorizzazione di François Cheng. Nel suo studio “Il vuoto e il pieno” il poeta e critico cinese si sofferma sul concetto di vuoto «all’interno di un sistema binario Yin/Yang, per il quale il Vuoto costituisce il terzo termine Tao, che in cinese significa contemporaneamente separazione, trasformazione e unità». In questo solco di pensiero, Lacan recupera il concetto di Tao, che in cinese significa «la via» e il «parlare», la voie e la voix.

Secondo il Tao, prima dell’Uno c’è il Vuoto supremo, il Soffio primordiale, e soltanto successivamente si generano lo Yin e lo Yang, che interagiscono tra loro grazie a un Vuoto mediano. Il Vuoto, quindi, è ciò che insieme lega e separa ed è solo grazie ad esso, sul suo sfondo, che il «soggetto» può apparire. Un tipico esempio di ciò è evidente nelle opere di Shitao, pittore cinese del XVII secolo. Lacan sottolinea che l’Unico Tratto di Pennello, il tratto di cui parla Shitao rappresenta un taglio, un’incisione. In un articolo del 1971 intitolato “Lituraterra” Lacan discetta sul fatto che la lettera è ciò che urta la catena significante, generando la scrittura, la quale, a sua volta è la principale via verso la personalizzazione. La lettera incide il soggetto lasciando delle impronte irripetibili, delle tracce. Queste tracce, così come il tratto di pennello di Shitao, connettono il vuoto e il pieno, in quanto rappresentano la forza della singolarità che si staglia, che urta contro l’universalità della catena significante. La vita del «soggetto» pulsa nel momento in cui esso di scorre come non-Tutto, come buco, come resto, come vuoto all’interno di un pieno. Gli haiku di Luigi Celi ci mostrano appunto l’istante di tempo nel quale accade il satori, in termini occidentali, la sospensione della temporalità, ovvero, la visione, che deriva dalla diretta osservazione delle cose. È il vuoto, il nihil originario che crea la possibilità della soggettivazione. È proprio il fatto di essere una manque-à- être, un objet petit a, a rendere il soggetto desiderante, ad aprirlo verso la possibilità della visione e della sospensione del tempo proprio della visione. La visione negli haiku di Luigi Celi prende forma dallo sfondo del vuoto che fa da fondale alla visione stessa. È una vera e propria esemplificazione di quella che in termini moderni può essere definita estetica del vuoto; è propriamente essa che qui ha luogo, e non è un caso che sia stato proprio Luigi Celi, uno studioso della poesia di Kikuo Takano e della filosofia orientale a scrivere questi mirabili haiku, con una sensibilità tutta occidentale per il «contrasto» presente tra le cose all’interno delle singole visioni. Celi fa in modo che il contrasto accada, di conseguenza il «soggetto» si ritira, si nasconde dietro la visione.

*

tre ballerine 

in vampe di rubini 

fuoco d’estate 

*

la ballerina 

le ali alle caviglie

farfalla gialla 

*

sensuose danze 

in margini d'azzurro 

il sole a picco 

*

lievi ragazze 

in sinfonia di verde 

foglie screziate 

*

liete un po’ pazze 

su tremulo fogliame 

guizzano in danze  

*

foglia di tiglio 

rigoglio di lusinga 

cupida voglia 

*

la nuda foglia

dall'occhio concupita 

sentiva caldo

*

da rami alati 

si librano su note 

piume d'uccello 

*

raggio caduto

sull’abito succinto 

l’ombra del sole

*

dolce era il fico 

famelico s’incurva

becco d’uccello

*

uva matura

la terra sa di miele

l’erba di mosto 

*

livido tango 

languore di ragazza  

coppia d'ebbrezza

*

languide danze  

bagnate anche un po’ pazze 

s’innalza il pino

*

ballano mute 

in forme indefinite 

anime nude 

*

stanno sul palco 

baccanti redivive 

e non lo sanno 

*

per la più bella 

il verso si fa luce 

in poche righe 

*

s'inarca in danza 

 sul palco della luna

un raggio ombroso

*

sulle azalee 

il sole si riposa

mute formiche

*

selvosi colli 

il mosto è quasi vino

febbrile il canto

*

le ballerine

le nubi sotto i piedi

ali nell’alba

*

il lieve piede 

 sul palco non si posa

l'aria lo sposa 

*

nude le gambe 

l’origano profuma 

rorida luna

*

tele d'autunno 

intessono le danze   

fili di ragno 

*

danza di fuoco 

in corpo di passione 

buio s’accende  

*

fino al mattino

la luna nella vasca 

danzano pesci

*

farfalle gialle  

in punta di volare 

ridda nell'aria 

*

mimési in alto 

e l’alba dona un volto

a un sole umano 

*

non ti ingannare 

non bastano le danze

per farti amare 

*

pioggia d’umori 

danzano sopra il palco 

bagnate pazze 

*

un raggio d’alba

affonda tra le zolle 

è duro il leccio

*

luna smarrita

tremula tenue luce

gerani d’ombra

*

fuoco s'impiglia 

ardono gridi e gigli 

giardino in fumo

*

i seni al vento  

melissa e citronella 

giugno profuma 

*

tamburi a ritmo 

fiore d’anturio rosso  

danzano avvinti 

*

sirene in danza

tra liete spume d’onde

mostrano i seni

*

luna d'estate 

il caldo la denuda 

noi non guardiamo

*

danza il vigneto

il corpo sa di mosto 

tosto si sfrena 

*

salice piange 

il tronco e i rami freddi 

non c’è l'amore 

*

mi turba molto

la danza non si placa 

rotto ogni accordo 

*

la vita in arte 

un modo d'inventarsi 

un'altra vita 

*

la melagrana 

ha succo di passione  

smania di rosso 

*

gaie pupille 

scrutano senza sosta 

fremito d’api 

*

stella vampira 

il latte sugge all'alba 

il sangue a sera 

*

gerani in fiamme 

a spasmi di natura 

senza ritegno 

*

taglia la notte 

la falce della luna 

apre alla luce 

*

ha la farfalla 

l’incendio sulle ali   

arde i ciliegi 

fior di narciso 

si specchia in una fonte 

muore nell’acqua

*

goccia di pioggia

affonda blu nel mare

non sa nuotare

*

dorme la luna

sul seno d’una donna

è selva oscura

*

ride la brezza

su un pube di ragazza

e si trastulla

*

non danza stanco

il corpo che s’adagia

nepeta verde

*

freme in giardino

il bianco gelsomino

il corpo è nudo

*

le ballerine

sospese in un sol passo 

corona al mimo 

*

non dirmi nulla 

dei mandorli fioriti 

preme l’asfalto  

morbido raggio 

affonda tra le ghiande

d’un duro leccio

*

i seni al vento

accendono sul palco

occhi di fiamma

*

luna d’autunno

tra l’ali si denuda

dei passerotti

*

occhi sgranati

scrutano senza sosta

api frementi

*

le ballerine

calpestano viole

e corpi nudi

*

fruscii di danze

nel vuoto di conchiglie

memoria arcana

*

baciata in bocca

la maschera di carta

sembra animarsi

*

olio d’amore

scivola dal suo seno

aperto grembo 

*

come una chiave

la mano dell’amore

schiude il suo cuore

*

bevendo vino

ballano le baccanti

senza alcun velo

*

ciò  che sovrasta

è anche il sottostante 

gioco di specchi

*

un terremoto

ci ignora totalmente

è deprimente

*

un’incertezza

sovrasta l’esistenza

nulla s’arresta

*

gioco di neve

da un seno di tepore

un bimbo snida

*

il blu del mare 

assembla tra le spume

refoli e vele

*

grandine estiva

precipita nel seno

di nudi gigli

*

non ho parole

se a garrule viole

manca l’odore

*

tra i gelsomini

l’aria che si respira

sa di liquore

*

ogni mattina

in me devo salvare

Abele il mite

nell’uomo il dio

alata una presenza

oltre l’assenza

*

la storia avanza

ha  nome di progresso

anche il suo inverso

*

un doppio passo

ma tremano le gambe

se t’innamori

*

fotografare

il vuoto delle cose

piena è la luce

*

è nel silenzio 

il misterioso suono

il più profondo

*

è nel profondo

la misteriosa voce

quasi silente

*

cose mortali

evocano nel profondo

cose immortali

*

nude di giorno

le chiare margherite

più non sfogliare

farfalla sogna

il bozzolo setoso

il suo groviglio

*

semi di canti

in vulve di natura

turgidi versi

*

è notte fonda

il sonno si fa sogno

e mi rapisce

*

lieta farfalla 

nel volo ha liberato

l’antico sogno

***