DIECI POESIE di Mario Santagostini da “Felicità senza soggetto”(2014) con un Commento di Giorgio Linguaglossa

Giorgio Linguaglossa critica letteraria Mario Santagostini - sito ufficiale di Giorgio Linguaglossa scrittore
mario sironi periferie

 Mario Santagostini è nato a Milano, dove ha sempre vissuto, nel 1951. Fra le sue raccolte di poesie ricordiamo: Uscire di Città (1972, 2012) Come rosata linea(1981), L’Olimpiade del ’40 (1994), L’idea del bene (2001), Versi del malanimo(2007). Ha inoltre scritto il saggio Manuale del poeta (1988).

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Commento di Giorgio Linguaglossa
Ut «pictura poesis», dicevano gli antichi pagani. E Leonardo ha scritto: «La pittura è una poesia muta e la poesia è una pittura muta». Questo semplice assunto ci porta dentro la problematica di che cosa debba raffigurare una poesia. Ecco il punto. Ed è molto semplice la risposta. La poesia deve adottare il punto di vista della pittura, deve raffigurare l’oggetto come se esso fosse un oggetto da dipingere linguisticamente, con le risorse della Lingua. Per alcune ragioni storiche che non sto qui a sintetizzare, la poesia italiana del secondo Novecento ha perduto questo concetto rimanendo impaniata nello pseudo concetto di “meta-poesia”, cioè di un discorso fatto su un altro discorso…(il che sarebbe un bene a patto che ci sia un discorso che precede o a latere). E così via all’infinito la poesia si è amputata le proprie possibilità espressive riducendosi ad un discorso di secondo grado, e poi di terzo grado e così via… ma era (ed è) una falsa strada che non conduce in alcun luogo e che perde di vista l’orizzonte di senso e l’obiettivo dell’oggetto del «che cosa dire in poesia», che è necessariamente diverso dal «che cosa dire in prosa».

Czeslaw Milosz ha scritto: «Certe scene dei film di Fellini e di Antonioni sembrano la traduzione di una poesia, spesso di una poesia di Eliot: basti citare la stanza dell’intellettuale ne “la Dolce Vita” di Fellini, che sembra tratta dal “Canto d’amore di J. Alfred Prufrock” (In the room the women come and go / Talking of Michelangelo); e poco importa che autore o regista abbiano preso in prestito il tema direttamente o indirettamente. In tal modo anche le persone più digiune di poesia finiscono per riceverla, in forma facilitata, dal teatro o dal cinema…».

 

Giorgio Linguaglossa critica letteraria Mario Santagostini - sito ufficiale di Giorgio Linguaglossa scrittoredomenico morelli ritratto di giacomo leopardi 

 

Ho visto di recente il film di Martone sul “Giovane favoloso” Giacomo Leopardi. Bene ha fatto il regista a tradurre la poesia di Leopardi in immagini filmiche. Non poteva fare diversamente. Ma è vero anche il contrario, si può tradurre una immagine flimica o fotografica in poesia, basta essere consapevoli dell’operazione che si sta facendo.

Ecco, io ritengo che la poesia di oggi possa ricominciare appunto dalle immagini dei film, della fotografia, delle immagini mentali, della pittura etc. Perché ha perso il bandolo del senso, il «che cosa fare e dire» in poesia e mediante la poesia, che è cosa diversa dal «che cosa fare e dire» in prosa.

E questo è probabilmente il modo migliore per riallacciarci alla più alta tradizione della poesia europea degli anni Venti e a quella del tardo Novecento Europeo. Oggi che il Modernismo si è esaurito, è chiaro che non si può procedere oltre di Esso senza avere chiaro il quadro di riferimento storico e ideologico che aveva costituito le basi del Modernismo. Il Modernismo, era il prodotto di un mondo (occidentale) di stati nazionali in competizione e in disfacimento e aveva accompagnato quel mondo alle tre guerre mondiali. Quel Modernismo oggi non ha più alcuna validità dato che siamo entrati nella IV guerra mondiale tra continenti con economie interdipendenti in uno stato di belligeranza diffusa e diapparente normalità. Nelle metropoli dell’Europa occidentale si vive in uno stato di apparente tranquillità, ma la minaccia è ovunque, diffusa, invisibile. Ben venga dunque anche una poesia della normalità (apparente), purché si abbia consapevolezza che quella normalità è finta, fittizia, ideologicamente locataria della ideologia totalitaria dell’omologismo. 

Giorgio Linguaglossa critica letteraria Mario Santagostini - sito ufficiale di Giorgio Linguaglossa scrittoremario sironi paesaggio urbano 1921 

Poiché avevo un dubbio, ho trascritto in prosa, per i lettori, (cioè senza l’a-capo), le prime sei composizioni di Santagostini, e mi sono accorto che funzionano meglio in prosa che in forma-poesia. Il che, in sé, non vuole essere una osservazione limitativa. La resa in prosa forse aggiunge e non toglie nulla alla resa in forma-poesia.

da Mario SantagostiniFelicità senza soggetto Specchio Mondadori, 2014

L’ex comunista

Sono tornato a Cinisiello,
una domenica afosa.
Un motocarro scoperto portava via un cane.
Questa è stata zona operaia.
E io ero, come tanti, comunista.
E pensavo a un avvenire
senza il lavoro, a quando i corpi
ci sarebbero serviti a poco,
quasi a niente. Sono
arrivato a chiedermi di cosa è fatto
un corpo, se merita
soltanto la vita, o già altro.

[Sono tornato a Cinisiello, una domenica afosa. Un motocarro scoperto portava via un cane. Questa è stata zona operaia. E io ero, come tanti, comunista. E pensavo a un avvenire senza il lavoro, a quando i corpi ci sarebbero serviti a poco, quasi a niente. Sono arrivato a chiedermi di cosa è fatto un corpo, se merita soltanto la vita, o già altro].

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Arietta

Ci si ritrovava al bar
all’aperto tra la Breda e via Metauro.
Chi giocava al pallone
contro il muro, o stanava serpi,
o andava per cicute
tra le rotaie dismesse e senza traversine.
Provato come tutti dalla noia
una specie di reduce
esibiva il suo mancinismo
smodato, mi diceva – Tu,
che farai almeno
un miracolo, prima di morire.

[Ci si ritrovava al bar all’aperto tra la Breda e via Metauro. Chi giocava al pallone contro il muro, o stanava serpi, o andava per cicute tra le rotaie dismesse e senza traversine. Provato come tutti dalla noia una specie di reduce esibiva il suo mancinismo smodato, mi diceva – Tu, che farai almeno un miracolo, prima di morire].

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(Pascoli, in prima persona)

E c’erano i colloqui
uomo-rondine,
uomo e rondine e anche te, tuono.
Quando ci racconti
che la scala di Giacobbe
non portava alla lotta con l’Angelo,
ma con le tempeste.
O fai che il volo di due tortore
sia basso, da insetti.

[E c’erano i colloqui uomo-rondine, uomo e rondine e anche te, tuono. Quando ci racconti che la scala di Giacobbe non portava alla lotta con ’Angelo, ma con le tempeste. O fai che il volo di due tortore sia basso, da insetti].

 

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Coda

E come sarà il primo gabbiano
in volo sulle discariche?
Forse, una creatura
ignobile, e attratta dal pattume.
Ma disposta a tutto,
pur di raspare qualcosa.
L’amatissimo Ovidio vedeva gabbiani
dai becchi ferrati.
Eppure, rimanevano in aria.

[E come sarà il primo gabbiano in volo sulle discariche? Forse, una creatura ignobile, e attratta dal pattume. Ma disposta a tutto, pur di raspare qualcosa. L’amatissimo Ovidio vedeva gabbiani dai becchi ferrati. Eppure, rimanevano in aria].

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Arietta delle vespe

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Era già luglio, ma qualcuno
riusciva ancora
a sentire gli ultimi temporali di aprile, come
solo le vespe sanno fare
(specie quando si riposava nel pergolato,
ci sentivamo vespe).
Quel qualcuno era Pascoli.
Però che errore, il suo,
il continuare credere ai morti.
Io ho smesso da anni.
Ma quell’uomo beveva.

[Era già luglio, ma qualcuno riusciva ancora a sentire gli ultimi temporali di aprile, come solo le vespe sanno fare (specie quando si riposava nel pergolato, ci sentivamo vespe). Quel qualcuno era Pascoli. Però che errore, il suo, il continuare credere ai morti. Io ho smesso da anni. Ma quell’uomo beveva].

 

Giorgio Linguaglossa critica letteraria Mario Santagostini - sito ufficiale di Giorgio Linguaglossa scrittoremario santagostini

Io

.

Seduto al bar di viale Sarca,
guardavo il giovane cercare un passaggio
verso la camionabile,
dei muti al tavolino quando
si scambiavano segni, e uno diceva
– tra non molto, anche qui.
Gli altri assentivano.
E intorno, solo delle mosche.
Mi sono chiesto se c’è qualcosa
di meglio che essere vivo.

[ Seduto al bar di viale Sarca, guardavo il giovane cercare un passaggio verso la camionabile, dei muti al tavolino quando si scambiavano segni, e uno diceva – tra non molto, anche qui. Gli altri assentivano. E intorno, solo delle mosche. Mi sono chiesto se c’è qualcosa di meglio che essere vivo].

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Io, appendice. In piazza Tirana, forse nel ’63

.

C’è chi ha già rubato
tutto il rame del tram ridotto
a carcassa smetallizzata.
Certo, non dovrebbe mai succedere,
però è così. Amen.
Intorno, la passione per quanto
è dismesso ha toccato
l’apice. Si sente che nemmeno
la materia ama finire.
E delegherebbe me a farlo, se potesse.
O l’intera massa umana.

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Io, nel 1970. Premessa

.

Era il ’60, qualcuno
parlava di sterminate domeniche.
L’Olona non era stata
ricoperta. Si sentivano le radio
da argine a argine.
L’odore dell’acqua oleosa di benzina
arrivava fino ad uno, due isolati
più lontano. Anche allora, vapori d’agosto nei cortili.
Pensavo: non amo me stesso,
amo questi anni,
la loro felicità senza soggetto.

.

.

(Io, nel 1970)

.

Ieri, lunedì, sono arrivato
a piedi oltre il dazio,
e ho camminato lungo il Seveso.
C’erano delle vanesse
dal volo sghembo e raso dopo due tuoni in fila.
Ho pensato che le pietre
sanno fare a meno della vita.
Mi chiedo fino a quando.
Forse, il mondo esiste solo
per dare loro la parola, un giorno.

.

(Nuovi versi del malanimo)

L’aria è povera d’ozono,
buona solo per i grilli.
Animali sciatti, e in fuga da tutto.
Hanno il loro mondo:
che se lo tengono stretto.
Certo, qui una volta si creava,
poi si è passati al vivere.
Adesso, aspettiamo.