Giorgio Linguaglossa
ET IN ARCADIA EGO
La partenza degli Argonauti*
«Ci sono degli uomini sulla spiaggia».
«Sì, ci sono degli uomini».
«Ma che ci fanno quegli uomini sulla spiaggia?
giocano a palla? giocano a tennis?»
«No, non giocano né a palla né a tennis».
«E allora, che ci fanno quegli uomini sulla spiaggia
accanto alla nave dalla snella chiglia?»
«Oh, non fanno nulla. Sono e non sono».
«E che ci fa quel tizio che li accompagna con la tunica bianca
mentre suona la lira?»
«Ma quel signore è il poeta Orfeo che suona la lira!».
«Canta anche il signor Orfeo mentre che suona?»
«Sì, il signor Orfeo canta anche».
«E che cosa dice il signor Orfeo nel suo canto?»
«Dice che gli uomini stanno partendo».
«Stanno partendo?»
«Sì».
«E per dove?»
«Chissà chi lo sa».
«E lui lo sa?»
«No, lui non lo sa, ma canta».
«Canta ciò che non sa?»
«Sì».
«Ma è un bugiardo il signor Orfeo
se non sa quel che dice... dovremmo mandarlo
in esilio il signor Orfeo, bandirlo per sempre
dalla città! non credi?»
«Oh no, non credo, il signor Orfeo ha soltanto un compito
che deve limitarsi ad eseguire. Tutto qui».
«E quegli uomini lo sanno che Orfeo è un mentitore?»
«No, gli uomini non lo sanno...
e non lo devono neanche sapere!»
«E adesso, è pronta la nave?»
«Sì, adesso è pronta».
ispirato da La partenza degli Argonauti (1909) di Giorgio De Chirico
Il Signor Odisseo
Sono approdati a riva i naufraghi
un cialtrone di nome Odisseo li comanda.
Sono i fuggiaschi, i disertori della guerra di Troia
– questo Omero non lo dice ma lo deduciamo noi
dalla lettura degli eventi –
L'isola sembra disabitata.
Sbarcano i greci che entrano incauti nel Palazzo.
Vi abita Circe
sorella di Eete re della Colchide
e di Pasifae moglie di Minosse.
La maga Circe li ha mutati in porci, leoni,
cani, uccelli dal becco ricurvo.
Tranne uno: Euriloco.
Come sappiamo, il capo dei disertori, il fuggiasco Odisseo
con un raggiro l'ha fatta franca
ed è diventato suo amante…
La faccenda durerà fino al prossimo inganno,
al prossimo tradimento.
Tra i banditi corre voce che mediti una nuova fuga,
l’ennesimo raggiro, l'ennesima truffa…
dicono che attenda il momento fausto
e che presto riprenderà il largo per una nuova avventura.
Per adesso, Odisseo si è sistemato nell'isola di Ogigia
e amoreggia con la ninfa Calipso:
fonti d'acqua limpida, prati fioriti, viti carichi di grappoli di uva,
farfalle multicolori e uccelli canori,
e si riempie il gozzo di fagiani arrosto e fichi secchi.
Si gode gli ozi di Ogigia, che fretta c'è?
Per tornare dalla vecchia Penelope c'è tempo.
Il Signor Prometeo
Un’aquila becca il fegato di Prometeo.
«Le sue urla raggiungano l’eternità».
È questa la sentenza irrevocabile degli dèi.
Perché Prometeo ha tradito la loro fiducia
– dicono che abbia rubato del fuoco,
un fascio di scintille dell’Empireo
per darle agli uomini -
Davvero, che tipo bizzarro questo Signor Prometeo!
«Perché – ci chiediamo noi –
Prometeo ha rubato quelle gelide scintille,
quel fascio di scintille acuminate?
Per farne cosa? E per chi?».
Questo, a noi mortali, non è dato conoscere,
non sapremo mai il proposito di Prometeo.
Noi non comprendiamo Prometeo
il significato del suo gesto ci sfugge.
Per gli dèi è un ladro, un baro che li ha ingannati,
ma per noi? Per noi?
Per noi uomini del XXI secolo è un enigma.
Non possiamo comprendere il significato
del suo gesto né le sue intenzioni.
Per noi resta un estraneo. Un marziano.
Soltanto le sue urla disumane raggiungono l’Empireo.
Dall’eternità. Ma noi non le udiamo.
È invisibile.
È un cavallo di legno
C’è un grande cavallo sulla spiaggia
fuori le mura della città. Sembra un pegno degli dèi.
Sembra in attesa.
È un gigantesco cavallo di legno
con una grande pancia.
La spiaggia è deserta. Gli achei sono fuggiti.
Sono andati via.
Le loro navi sono scomparse dalla rada…
sono rimaste le tracce dei sandali dei soldati sulla sabbia.
Innumerevoli come le onde del mare.
Dieci anni, dieci lunghi anni di assedio,
di lutti, indicibili lutti.
Priamo ha vinto ed Ettore non è morto invano
questo ci conforta e ci solleva dall’angoscia.
Ed Elena, la bellissima Elena
è ancora qui tra di noi…
Teseo
Teseo è entrato nel Labirinto
là dove si può solo entrare e non uscire.
In mano tiene una cordicella
e più la tira più quella si allunga.
Lui non sa dove va, avanza a tentoni,
ha gli occhi ciechi; davanti e intorno a sé
vede soltanto alti muri bianchi.
Percuote con la spada i muri bianchi
e grida al Minotauro:
«Vieni pure avanti se hai coraggio!,
che c’è un pasto gustoso per te…
che ti aspetta!».
Ha rovistato dappertutto Teseo,
dietro le botole, sotto le mattonelle
del bagno, dentro il frigorifero,
nei cassetti delle madie, nelle dispense,
negli armadi, caso mai si fosse nascosto tra gli abiti,
dietro i quadri appesi alle pareti bianche,
dentro la lavatrice…
ma il Minotauro che lui cerca non c’è.
È prigioniero dentro le pareti della sua anima
da dove nessuno lo potrà scacciare.
Il Signor Procuste
«Chi abita in quella villa di campagna dai tetti rossi,
a metà strada tra Eleusi ed Atene?»,
chiedo ad un bagnante alle terme.
«Damaste o, come da altri lo chiama,
Procuste - mi risponde il vicino -
«Ah sì, quel tipo bizzarro che coltiva una
speciale filosofia eugenetica!».
Dicono le male lingue che accoppa
per svago i turisti che si recano in quelle città
e li trascini nella sua villa, in cantina.
Nella segreta ci sono due letti: uno corto
e l'altro lungo e ci sistema gli incauti avventori.
A quelli di bassa statura
stira le membra e a quelli alti taglia loro le gambe.
Dichiara Procuste che «in tal modo
otterremo i cittadini del giusto mezzo,
i più adatti al regime democratico di quelle città».
"Davvero un tipo bizzarro questo Damaste"
penso tra me.
Ma il bagnante continua il racconto:
«Quand'ecco che un tale di nome Teseo
gli tende un'imboscata, lo cattura,
gli fa mettere i ferri alle caviglie e,
con un processo sommario, lo condanna
alla medesima pena del suo letto di tortura:
prima gli fa tagliare un piede, poi l'altro,
ma visto che il Signor Damaste
risultava ancora di alta statura,
gli taglia anche la testa.
Ed espone questa tesi ai cittadini
di Eleusi e di Atene: "Adesso
anche il Signor Damaste ha raggiunto la giusta misura"».
Arianna
Arianna si è rifugiata nel Palazzo.
Aspetta. È paziente. Industriosa.
Lava le stoviglie, fila la seta.
Accende il focolare e aspetta.
Sa che Teseo tornerà e libererà la città
dalla maledizione che la assedia.
Aspetta il ritorno del suo sposo,
nel frattempo ricama il mantello
di porpora con il quale al ritorno
avvolgerà le spalle dell'eroe.
Il Minotauro
Il Minotauro attende nel Labirinto.
È immobile, al centro del Labirinto,
la bocca insanguinata dall’orribile pasto
e aspetta Teseo…
Che Teseo lo liberi o lo uccida, fa lo stesso.
Adesso Teseo srotola il filo
(srotola il filo?) sempre più lungo
che lo condurrà ad Arianna.
Arianna?, ma Arianna è là fuori,
in città, fa la spesa al supermarket,
acquista confezioni regalo
per quando il suo sposo tornerà…
Perché lei sa che Teseo tornerà,
per via dell’astuzia del filo
e della mappa del Labirinto
che ha trafugato a Dedalo, il divino architetto
che lo ha costruito.
Ma perché questo tortuoso Labirinto?,
per quale motivo?
Adesso il Minotauro è preda del terrore:
il terrore del Minotauro che attende
che Teseo finalmente lo uccida e lo liberi
per sempre dall’obbrobrioso pasto.
E aspetta.
Ma il Labirinto è vuoto, le sue pareti
sono bianche e il mare sciaborda
tra le colonne del peristilio.
Il mosaico del pavimento raffigura
una Gorgone con la testa piena di serpenti…
Adesso il Minotauro è qui tra di noi ed erra per il bosco
e si nasconde tra le foglie degli alberi…
Perseo è un farabutto
«Sai cosa penso? Che Perseo è un farabutto».
Tu mi chiederai: «Perché?»
«Per via dello specchio – ti rispondo –
senza quello strumento non avrebbe
mai affrontato la Medusa».
E allora la questione si sposta:
«Chi ha inventato lo specchio?, o meglio,
per quale impiego è stato inventato lo specchio?».
In proposito le fonti tacciono
e dobbiamo ricorrere ad ipotesi,
ad ermeneutiche; la più probabile
è che esso sia stato utilizzato
dalle donne per ammirare la propria
bellezza, truccarsi gli occhi, sedurre gli uomini…
Padre dello specchio è quindi Eros
e non Ares e neanche Pallade Atena.
Adesso è chiaro che Perseo, o chi per lui,
abbia impiegato lo strumento
come un’arma, per disarmare la Medusa,
renderla innocua, ucciderla.
Nient’altro che una astuzia da risultato.
Per questo riconosciamo Perseo quale nostro
legittimo e degno antenato,
attraverso quello strumento ci specchiamo in lui
perché ha saputo convertire un congegno di seduzione
in uno di guerra e di morte.
E qui la faccenda diventa scabrosa.