Giorgio Linguaglossa

I FARMACI DEI SIMULACRA

 

La cicatrice dell'assenza

Il giardino di germogli e di fiori circoscrive

il tripudio della felicità dei fauni sorridenti. 

C'è il cigno che  insegue la bella Leda, 

Dafne che bacia Cloe, Atalanta che corre sui fiori. 

Fauni sorridenti e sileni ombrosi irridono

gli zoccoli aurati del cavallo Pégaso

che stacca il volo, algido psittacismo

che il pappagallo fronteggia assiso sull'asse.

Il giardino si è mutato in siepi spinose.

Lo scroscio equoreo della fontana

risveglia candidi tritoni e ninfe allegre.

Esiste la fredda delimitazione del marmo,

la cicatrice dell'assenza.

 

Telefo

L'eroe Telefo colpito da Achille

guarì la piaga con la ruggine della lancia

che lo aveva ferito.

E tu Pandora ci inganni con il vaso.

Non invidia, né malattie, né morte

turbano la bella Psiche carpita

dal fauno, la sua essenza marmorea

non ferisce il corteo funebre della

nostra melancholia, non fluisce

dal mondo terribile e lontano.

 

Sul bassorilievo di Bacco

Guarda: di là dal graticcio in ferro battuto

si staglia in fondo al cortile il porticato.

Appena sopra il sarcofago marmoreo

l'iscrizione in greco, il bassorilievo

di un dioscoride vittorioso che

reca sulla fronte tralci di vite e pampini

di uva... 

V'è impresso il magma concitato di Bacco

coronato di lauro, il carro carico di pomi

e viti, i sileni ignudi, il corteo di

satiri ubriachi dalle orecchie asinine,

quasi la sedizione aleggi nei corpi adiposi

che l'indolenza del meriggio rende sazi di spazio.

Così la coscienza felice, la bronzea datità,

appare, per un attimo, di là dal graticcio.

 

Sopra una statua di Afrodite in marmo

Se la figura appena intagliata

- un graffito nella luce e nello spazio -

potesse togliere gli ormeggi e navigare nell'aria,

se l'alito tornasse a soffiare nelle sue gote

e il vento scuotesse le sue rigide gambe!

Adesso nel volto di avorio torna

il colore bronzeo della Bellezza,

i capelli scuotono via il sonno,

nelle iridi che guardano la vacuità

tornano i colori vividi della luce,

nelle narici il fremito della vita 

si diffonde subitaneo.

Potessi tu vivere soltanto di luce riflessa!

Ma la tua vita è nel marmo, nell'arco

della stele, nella profondità

del bassorilievo, nella bronzea legalità

dell'apparenza.

 

Il Cigno

Osserva il nobile Cigno:

ha il collo tortile e leggero

e le rigide zampe lo spingono in alto.

È bello e perfetto e regale

ma non spicca il volo.

È incapace di volare

le sue ali sono pesanti.

 

Il Cigno e il dèmone

Dannato è il Cigno che si veste di bianco

e vende l’anima al dèmone che lo insidia tra le tenebre.

Più le tenebre si fanno fitte intorno al Cigno

più il bianco si tinge di bianco.

È bello il dèmone che trionfa sul Cigno?

Può il dèmone trionfare sul Cigno?

Il Cigno vestito di candido chitone

dimora nelle acque del luteo canopo.

E non si chiede – il Cigno – che cosa si nasconda

dietro e sotto la lutea onda del canopo.

E svetta col suo rigido eretto collo il Cigno

e non si interroga il Cigno che cosa avvenga dopo

la lunga inutile marcia…

Dopo il luteo muco del topo.

 

La giraffa

Ma quanto è dura la vita della giraffa!

Con il suo collo sottile ed oscillante

vorrebbe (ma non può) raggiungere il cielo.

Anche le agili ed esili gambe

sembrano innalzarla verso l’alto.

Davvero, che destino infausto

quello della giraffa!

 

I cacciatori di centauri

Sulla valle innevata puoi scorgere le orme

profonde dei centauri al galoppo, ininterrotti

sentieri di tracce che la neve assottiglia.

Dall'alto del dirupo osservo le tracce 

dei satiri dopo l'orgia con le candide ninfe  

che la tormenta ricopre con un diafano 

lenzuolo di neve.

Restano sulla neve le tracce profonde

degli stivali dei cacciatori di centauri

che scalano all’incontrario i pendii dei monti

per la loro pelliccia fulva e rossiccia.